Frank Darabont nasce nel 1959, nel campo di rifugiati di Montbeliard (Francia), da genitori ungheresi, fuggiti dal paese natale in seguito alla rivoluzione. La Famiglia si trasferisce poco dopo negli Stati Uniti (Los Angeles) dove il piccolo Frank seguirà i corsi della Hollywood High School. Passano gli anni e dopo un bel pò di gavetta ecco finalmente la firma (condivisa) sulla prima sceneggiatura importante (Nightmare 3). Ma sarà nel segno del maestro dell'Horror, Stephen King, l'arrivo del successo planetario: l'adattamento di due novelle "atipiche" nel panorama Kinghiano, The Shawshank Redemption (1994) prima e The Green Mile qualche anno dopo (1999), porterà in dote ben 11 nomination all'Oscar, rendendolo di fatto uno dei solo sei registi di sempre a ricevere la candidatura a miglior Film per i primi due lavori. Non è quindi un caso se oggi, nominare Darabont significa pensare a King e viceversa: tralasciando il rivoluzionario Shining di Kubrick (che tuttavia non hai mai incontrato i favori dello stesso King) "Stand by Me" e lo stesso "Misery", risulta arduo immaginare un lavoro migliore di quello realizzato dal regista magiaro nella trasposizione sullo schermo dello sfaccettato mondo dello scrittore originario del Maine.
Arriviamo così ai giorni nostri, e all'ultimo risultato del riuscito sodalizio: The Mist.
L'idea di portare sullo schermo la novella contenuta nella raccolta Scheletri (1985), risale a molti anni fa, addiriturra a prima di Shawshank, quando Frank si assicurò la possibilità di girarne la versione cinematografica. Imprevisti e opportunità diverse, hanno solo ritardato la realizzazione di quel progetto che in qualche modo è sempre rimasto nell'aria, in attesa di vedere la luce.
Ora per chi scrive, per chi ama profondamente Le Ali della Libertà, non è facile tentare di separare la componente emotiva da quella razionale in fase di analisi, nella stesura di un giudizio che sia quantomeno condivisibile oltre un gusto del tutto personale. Quanto segue quindi, oltre a essere sostanzialmente Spoiler-Free (caratteristica che ho sempre tentato di preservare per permettere a tutti di leggere, anche prima dell'eventuale visione), deve essere in qualche modo preso per quello che è: il racconto di una persona innamorata.
The Mist parte da un'idea molto semplice e rappresenta in un certo senso buona parte dei caratteri distintivi della produzione Kinghiana. C'è la solita sperduta cittadina nel Maine (Bridgton). C'è la piccola comunità che dietro la ridente facciata nasconde invidie e rancori mai sopiti. C'è l'ignoto, l'elemento catalizzatore della storia, una misteriosa nebbia che avvolge improvvisamente tutta la zona. Il Classico Mix per realizzare un valido racconto, dove l'orrore è racchiuso nella quotidianità, nel ripetersi di ogni singolo gesto, e il procedere degli eventi offre una tagliente riflessione su quanto facilmente sia corruttibile l'animo umano, capace di abbracciare una violenza profonda, incomprensibile, terrificante senza apparente motivo (si veda la figura di Mrs. Carmody).
Ma si sa, quello che funziona su carta, per 20, 50, 100 pagine, non è detto che possa funzionare altrettanto bene su schermo. E in questo caso, vista la linearità della storyline, il rischio di cadere nella trappola da prodotto mediocre, era elevato.
Alla luce di quanto realizzato si potrebbe dire, pericolo scampato. Nonostante la portata dell'opera sia onestamente lontana dalle vette raggiunte in passato (ma era naturale aspettarselo considerato il terreno su cui si sarebbe andati a lavorare), c'è qualcosa che ogni volta rende a suo modo unica la visione e l'interpretazione di Darabont delle pagine del Re dell'Horror. Quello che a prima vista potrebbe essere un semplice B-Movie rivestito per l'occasione, tenta il grande salto verso qualcosa di nuovo, e ci riesce con un risultato che farà sicuramente discutere. Se nella prima parte (diciamo i primi 50 minuti di film) si procede col pilota automatico inserito (niente da rilevare) è nella seconda metà che qualcosa pian piano inzierà ad emergere, dapprima come una specie di rumore di fondo, poi sempre più forte. Lo spettatore è reso partecipe di questo cambiamento in maniera progressiva al pari di una follia che si espande lentamente, corrodendo ogni elemento incontrato, come l'aria in una stanza chiusa che va via via esaurendosi. Eppure niente, niente, che possa lasciare intravedere quanto di lì poco succederà in uno dei finali più neri, cattivi e beffardi che ricordi. L'ultimo quarto d'ora fa proprio storia a sè, sia per la qualità complessiva che annichilisce il resto del girato, sia per una cattiveria destabilizzante. Ci si chiede quasi se quello in realtà non sia il finale di un altro film, o magari il finale alternativo. Finale che, credo vada sottolineato, è invenzione totale di Darabont che ha voluto fortissimamente rimanere fedele all'unica e sola conclusione che aveva da sempre immaginato. Girando per qualche forum americano o vedendo dei finali editati su youtube da parte di fans delusi, si intuisce quanto lo shocking ending abbia lasciato uno strascico lungo di discussione, tra chi l'ha trovato geniale e chi l'ha considerato una bestemmia, un affronto imperdonabile nei confronti delle pagine del Libro.
Ora, potrà piacere o meno (dal mio canto, non avendo letto il libro, posso solo esprimere un giudizio parziale), ma credo sia giusto in ogni caso dare atto a Darabont di un grande coraggio (non a caso premiato dalle parole di King, che ha applaudito la scelta decisa del regista) nel portare avanti un decisione che potrà risultare perfino impopolare, ma di sicuro permette al film di staccarsi da grandissima parte della produzione Horror degli ultimi anni. Riguardo poi all'altra critica, quella che punta il dito verso gli Fx di non eccelsa produzione (cosa poi tra l'altro non vera imho) credo sia sufficiente citare il budget risicato (18 mil di dollari) per mettere a tacere chi di dovere.
Fanno il loro dovere gli attori, alcuni di essi presenze quasi fisse nei film di Darabont, su cui spicca la paurosa e bravissima Marcia Gay Harden (Mrs. Carmody). La fotografia e l'ambientazione si rifanno agli anni 50/60 e la scelta di girare mantenendo una fitta grana sulla pellicola va vista anche in quest'ottica. Azzeccato l'accompagnamento sonoro (soprattutto nell'epilogo), lontano dalle atmosfere a cui T.Newman (qui assente) ci aveva abituato in Shawshank Redemption e Green Mile.
The Mist è un Horror vecchio stampo, disturbante, ben girato. L'ennesimo atto d'amore di un regista nei confronti della sua musa, la conferma di un talento unico.
Trailer e Sito Ufficiale: Internazionale.
La Frase: "Something in the Mist !".
Curiosità: Il Dvd americano (in uscita il 25.03.2008), nella versione a due dischi, conterrà una seconda versione del film, identica alla prima, ma girata in bianco e nero.
Arriviamo così ai giorni nostri, e all'ultimo risultato del riuscito sodalizio: The Mist.
L'idea di portare sullo schermo la novella contenuta nella raccolta Scheletri (1985), risale a molti anni fa, addiriturra a prima di Shawshank, quando Frank si assicurò la possibilità di girarne la versione cinematografica. Imprevisti e opportunità diverse, hanno solo ritardato la realizzazione di quel progetto che in qualche modo è sempre rimasto nell'aria, in attesa di vedere la luce.
Ora per chi scrive, per chi ama profondamente Le Ali della Libertà, non è facile tentare di separare la componente emotiva da quella razionale in fase di analisi, nella stesura di un giudizio che sia quantomeno condivisibile oltre un gusto del tutto personale. Quanto segue quindi, oltre a essere sostanzialmente Spoiler-Free (caratteristica che ho sempre tentato di preservare per permettere a tutti di leggere, anche prima dell'eventuale visione), deve essere in qualche modo preso per quello che è: il racconto di una persona innamorata.
The Mist parte da un'idea molto semplice e rappresenta in un certo senso buona parte dei caratteri distintivi della produzione Kinghiana. C'è la solita sperduta cittadina nel Maine (Bridgton). C'è la piccola comunità che dietro la ridente facciata nasconde invidie e rancori mai sopiti. C'è l'ignoto, l'elemento catalizzatore della storia, una misteriosa nebbia che avvolge improvvisamente tutta la zona. Il Classico Mix per realizzare un valido racconto, dove l'orrore è racchiuso nella quotidianità, nel ripetersi di ogni singolo gesto, e il procedere degli eventi offre una tagliente riflessione su quanto facilmente sia corruttibile l'animo umano, capace di abbracciare una violenza profonda, incomprensibile, terrificante senza apparente motivo (si veda la figura di Mrs. Carmody).
Ma si sa, quello che funziona su carta, per 20, 50, 100 pagine, non è detto che possa funzionare altrettanto bene su schermo. E in questo caso, vista la linearità della storyline, il rischio di cadere nella trappola da prodotto mediocre, era elevato.
Alla luce di quanto realizzato si potrebbe dire, pericolo scampato. Nonostante la portata dell'opera sia onestamente lontana dalle vette raggiunte in passato (ma era naturale aspettarselo considerato il terreno su cui si sarebbe andati a lavorare), c'è qualcosa che ogni volta rende a suo modo unica la visione e l'interpretazione di Darabont delle pagine del Re dell'Horror. Quello che a prima vista potrebbe essere un semplice B-Movie rivestito per l'occasione, tenta il grande salto verso qualcosa di nuovo, e ci riesce con un risultato che farà sicuramente discutere. Se nella prima parte (diciamo i primi 50 minuti di film) si procede col pilota automatico inserito (niente da rilevare) è nella seconda metà che qualcosa pian piano inzierà ad emergere, dapprima come una specie di rumore di fondo, poi sempre più forte. Lo spettatore è reso partecipe di questo cambiamento in maniera progressiva al pari di una follia che si espande lentamente, corrodendo ogni elemento incontrato, come l'aria in una stanza chiusa che va via via esaurendosi. Eppure niente, niente, che possa lasciare intravedere quanto di lì poco succederà in uno dei finali più neri, cattivi e beffardi che ricordi. L'ultimo quarto d'ora fa proprio storia a sè, sia per la qualità complessiva che annichilisce il resto del girato, sia per una cattiveria destabilizzante. Ci si chiede quasi se quello in realtà non sia il finale di un altro film, o magari il finale alternativo. Finale che, credo vada sottolineato, è invenzione totale di Darabont che ha voluto fortissimamente rimanere fedele all'unica e sola conclusione che aveva da sempre immaginato. Girando per qualche forum americano o vedendo dei finali editati su youtube da parte di fans delusi, si intuisce quanto lo shocking ending abbia lasciato uno strascico lungo di discussione, tra chi l'ha trovato geniale e chi l'ha considerato una bestemmia, un affronto imperdonabile nei confronti delle pagine del Libro.
Ora, potrà piacere o meno (dal mio canto, non avendo letto il libro, posso solo esprimere un giudizio parziale), ma credo sia giusto in ogni caso dare atto a Darabont di un grande coraggio (non a caso premiato dalle parole di King, che ha applaudito la scelta decisa del regista) nel portare avanti un decisione che potrà risultare perfino impopolare, ma di sicuro permette al film di staccarsi da grandissima parte della produzione Horror degli ultimi anni. Riguardo poi all'altra critica, quella che punta il dito verso gli Fx di non eccelsa produzione (cosa poi tra l'altro non vera imho) credo sia sufficiente citare il budget risicato (18 mil di dollari) per mettere a tacere chi di dovere.
Fanno il loro dovere gli attori, alcuni di essi presenze quasi fisse nei film di Darabont, su cui spicca la paurosa e bravissima Marcia Gay Harden (Mrs. Carmody). La fotografia e l'ambientazione si rifanno agli anni 50/60 e la scelta di girare mantenendo una fitta grana sulla pellicola va vista anche in quest'ottica. Azzeccato l'accompagnamento sonoro (soprattutto nell'epilogo), lontano dalle atmosfere a cui T.Newman (qui assente) ci aveva abituato in Shawshank Redemption e Green Mile.
The Mist è un Horror vecchio stampo, disturbante, ben girato. L'ennesimo atto d'amore di un regista nei confronti della sua musa, la conferma di un talento unico.
Trailer e Sito Ufficiale: Internazionale.
La Frase: "Something in the Mist !".
Curiosità: Il Dvd americano (in uscita il 25.03.2008), nella versione a due dischi, conterrà una seconda versione del film, identica alla prima, ma girata in bianco e nero.
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