Complice l'estate, gli amici al mare, e la quantità arretrata di film da vedere, questi giorni mi son dato (strano, eh?) al Cinema Koreano (rigorosamente in lingua originale e sottotitoli). Vediamo in dettaglio...
I'm a Cyborg, But That's OK
Sicuramente attesa la nuova prova di Park Chan-wook, dopo la splendida trilogia sulla Vendetta. Il regista si cimenta in un genere totalmente diverso (la commedia surreale) e nonostante qualche caduta di tono, da cmq. prova della sua immensa classe. Park mantiene e conferma quel suo stile unico e visionario (accostamenti di colori, invenzioni visive) trasformando una storia tuttosommato semplice in un affresco poetico sulle diversità dei nostri tempi.
The City of Violence
Presentato come fuori concorso a Venezia 2006, Jjakpae (titolo originale) è l'ultima fatica del giovane e molto prolifico Seung-wan Ryoo (ammiratore di Jackie Chan e allievo di Park Chan-Wook). In rete numerose recensioni ne parlano in modo entusiastico e in effetti, si tratta di un ottimo prodotto. 90 minuti adrenalinici (schiaffi, coltelli, botte, calci, sedie e tavoli che volano) che richiamano e citano qua e là (sembra di rivedere Kill Bill) mentre sullo sfondo si staglia la nostalgica storia di 5 amici che si incontrano/scontrano dopo tanti anni, scoprendo che il loro futuro non è quello che avevano immaginato.
Memories of Murder
Sono andato a ripescare questo film del 2003, considerato che (a) alla regia si trova Bong Joon-ho che avevo già ampiamente apprezzato in "The Host" (b) la pellicola viene da più parti consigliata come "uno dei film da far vedere agli amici che si avvicinano per la prima volta al cinema asiatico". Mai consiglio fu più azzeccato.
"Memories of Murder" è un grande, grandissimo film. Uno sguardo cupo sulla Corea di metà anni 80' (il film è tratto da una storia vera) e al contempo un moderno poliziesco che offre molto di più di quello che lascia intravedere (numerosi i livelli di lettura). Regia e fotografia splendide (le scene di pioggia) come anche la struggente colonna sonora (che sembra richiamare Morricone) ad opera di Taro Iwashiro. Bong Joon-ho riesce con facilità disarmante a gestire e unire generi diversi (si ride, si piange, si riflette) e confeziona un finale bellissimo e amaro che non dimenticherete facilmente. Capolavoro.
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