lunedì 30 aprile 2007

The Early Years

Chitarre noise, Velvet Underground, Tortoise, Spiritualised, Mogwai (e molto altro) sono alla base di questo ottimo debut album degli “Early Years", terzetto britannico (Londra) formatosi nel tardo 2004. David Malkinson (voce e chitarra), Roger Mackin (chitarre) e Phil Raines (batteria) danno alla luce un disco corposo e, nonostante qualche momento meno ispirato, riescono a far centro al primo colpo: passano tutto il 2005 in studio auto-producendo il loro lavoro. Questo che state leggendo, il risultato finale, un album in cui convivono due anime: quella più indie e Rock, fatta di distorsioni e ritmi veloci, quella più intimista, quasi acustica, caratterizzata anche da lunghi momenti strumentali.
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Apre “All Ones & Zeros” primo singolo e al tempo stesso “demo” con cui gli “Early Years” hanno conquistato la Beggars, loro casa discografica. Costruita su una chitarra incalzante e vocalismi psichedelici, la canzone rappresenta il marchio di fabbrica del gruppo. Decisa e potente la parte ritmica, produzione che ricorda il Brian Eno di metà anni 70. Nike ha fiutato le potenzialità del pezzo e lo ha scelto per uno dei suoi spot joga bonito.
“Things”, ballata sognante, precede “The Simple Solution”, pezzo veloce, sonorità “catchy”, una chitarra “tagliente” che porta alla mente il primo The Edge (U2).
Arriva “Brown Hearts”, pezzo da ascoltare e ri-ascoltare: si rallenta, le atmosfere diventano eteree (“Mew” e “Sigur Ros”) fino alla fragorosa esplosione finale. Proseguono seguendo lo stesso mood anche “Song for Elizabeth” e “Musik Der Fruhen Jahre”: probabilmente i momenti “più avanti” (intesi come sperimentali) dell’intero lavoro.
Superata la metà del disco, ecco “So Far Gone” che riporta l’ascoltatore alla prima traccia (forse, non a caso, è stata scelta come secondo singolo). Effetti e distorsioni si appoggiano e si intrecciano su un tempo dispari, semplicemente perfetto. Forse niente di decisamente nuovo sotto al sole, ma “il tutto” suonato dannatamente bene. Da ascoltare rigorosamente ad alto volume: per chi scrive, uno dei momenti migliori del Cd.
Prosegue “High Times”, un saliscendi di pieni e vuoti, ancora una volta il The Edge di “Boy” sembra essere alla chitarra.
L’album termina con la stupenda “This Aint Happiness”, ballata acustica, luci soffuse, intensa e sfuggente come la melodia di pianoforte su cui si poggia.

In conclusione, come anticipato, un buonissimo esordio, con un paio di episodi assolutamente da incorniciare. Per adesso quindi una promozione senza riserve, con uno sguardo rivolto a future pubblicazioni (a Febbraio è uscito un nuovo Ep, "The Great Awakening", contenente il nuovo ed ottimo singolo "Say What I Want To" che potete ascoltare sul loro MySpace). Last but not least, un ringraziamento particolare a Michael Cleary, Regional/Online Press Officer presso la Beggars, con cui ho avuto modo di parlare via mail e che mi ha gentilmente inviato una copia promozionale del Disco utilizzata in sede di recensione.

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