martedì 18 settembre 2007

I'm Not There

I Filmoni e i premi della critica. Spesso non andiamo d'accordo, anche se le cose sono migliorate rispetto al passato: è la critica che si è avvicinata al comun pensiero o sono io a tender sempre più al vagamente intellettuale, che va tanto di moda...? Non saprei, certo è che una parte di me è sempre stata titubante, sospettosa, davanti all'incenso dei critici, ai leoni d'oro, agli orsi d'argento...ma cos'è ? uno Zoo ? e come si può decidere se un film sia più o meno bello, oggettivamente ? quale mente partorisce l'idea "contorto e incomprensibile = gran film" (e via di recensioni entusiastiche)...? E cosa c'entra "I'm Not There" (ovvero la biografia, che poi tanto biografia non è, di Bob Dylan, più o meno autorizzata anche dallo stesso) con tutto ciò ? Beh, c'èntra eccome :)

"I'm Not There" (Todd Haynes) è il classico film che si ama o si odia. E' un film difficile, che chiede molto e sembra dar poco. E' un film da premi, da giudizi iperbolici, da applausi di 10 minuti e capelli strappati, ma anche da sbadiglio dietro l'angolo, da uscite dalla sala dopo mezz'ora, da "mamma mia che schifezza!". E' un film, forse, sbagliato: dove l'indicazione sulla Locandina "Vietato ai non Fans di Bob Dylan"...?
Perchè di questo si tratta: di Bob Dylan. Del suo essere ogni volta diverso, come diversi gli attori che lo rappresentano (o ne rappresentano l'idea) diversi i contesti, le fasce di età, i problemi, le frasi, diversi i modi di concepire la vita, sè stessi, il mondo, con uno sguardo, a volte malinconico a volte sferzante, all'America contraddittoria e mutevole di quel tempo. E' una girandola di immagini, inquadrature, viraggi, scelte registiche particolari, continui rimandi a quella frase o a quella situazione che lo spettatore medio (e infondo anch'io lo sono) rimane spaesato, confuso, alla ricerca di un libretto d'istruzioni che non c'è. Ed è allora che, o ci si addormenta (con buona pace del portafoglio alleggerito di 7 euro per l'ingresso) o ci si arrende, lasciandosi trasportare da questo fiume in piena, un fiume dove abitano perfino le balene (e nemmeno questo rende del tutto l'idea). Nel secondo caso (il mio) è un retrogusto amaro, quello che pervade a fine proiezione: come uno studente interrogato (e Vale.Girl può confermare) che non ha studiato e riflette sull'occasione persa. Come un quadro che non si riesce a spiegare e un pò dispiace visto che sembra davvero bello anche per chi, di quadri, non capisce molto.

Ottimo il cast (si confermano Bale e Ledger), su cui spicca una C.Blanchett, il Dylan forse più accessibile secondo l'immaginario di RockStar eccentrica e sfuggente, semplicemente divina (odore di statuetta?). Ottima (è Dylan, potrebbe essere altrimenti?) la soundtrack, con una struggente rivisitazione di "Knockin' on Heaven's Door" che accompagna i titoli di coda.

Ci (ri)vediamo alla seconda (o terza) visione :)

sabato 15 settembre 2007

28 Weeks Later

Alla fine non ho resistito. Visione in lingua originale più sottotitoli, con tanto di saluti alla distribuzione italiana prevista per fine settembre, in tremendo ritardo rispetto all'uscita in Uk (Maggio 07). Questo a conferma dell'attesa, grande, nei confronti del sequel (più o meno ufficiale) di quel piccolo gioiello di "28 Giorni Dopo", primo approccio al genere "Zombie Movies" da parte di quel geniaccio di D.Boyle, capace ogni volta (The Beach, Trainspotting, Sunshine) di re-inventare l'approccio a un determinato tipo di categoria cinematografica (non a caso, come lo stesso Boyle ha più volte ripetuto in svariate interviste, qui non si tratta di Zombie ma di Infetti da una virulenta forma di Rabbia). Stavolta dietro la macchina da presa non c'è il talentuoso regista inglese (che cmq. ha girato personalmente tutta la prima sequenza del film - che da sola potrebbe valere il prezzo del biglietto - oltre a seguire da vicino e produrre tutto il progetto) ma il semi-sconosciuto (almeno per il sottoscritto) J.C.Fresnadillo che ha però il pregio di essere stato scelto direttamente dallo stesso Danny (e quindi "qualcosa di buono saprà fare" penserà lo spettatore).
Ora, sappiatelo, sono di parte: adoro il genere come adoro quel clima da fine del mondo, laddove la razza umana è sull'orlo dell'estinzione e si torna quindi a dare importanza alla sola cosa che realmente conti, la propria sopravvivenza (magari barricati in bel centro commerciale con armi e cibo :D ). Detto questo, ho apprezzato e non poco questo "28 Weeks Later".
Il rischio di doppione e/o prodotto di bassa fattura è scongiurato fin dai primi istanti e la supervisione di Boyle ha sicuramente dato buoni frutti. Manca a dire il vero quel tocco nostalgico e vagamente poetico che caratterizzava alcune magistrali sequenze del "padre" (il passaggio in macchina con sottofondo Brian Eno era da brividi), tuttavia la maggior componente Gore/Horror ci porta su binari paralleli ma non per questo meno stimolanti. Rimane forse il rammarico che osando qualcosa di più (oltre alla classica metafora della nostra società in rovina e che si auto-distrugge) si sarebbe potuto raggiungere e superare il primo capitolo, senza nulla togliere a questo sequel. Visione obbligata per gli amanti di Romero, Resident Evil e compagnia :)

Trailer: Internazionale.

giovedì 6 settembre 2007

Reign Over Me

(Pete's theme) Only love
Can make it rain
The way the beach is kissed by the sea.
Only love
Can make it rain
Like the sweat of lovers'
Laying in the fields.

Love, Reign o'er me.
Love, Reign o'er me, rain on me.

...


E con questo (l'introduzione è quella di "Love Reign O'er Me", canzone degli Who da cui è stato tratto il titolo del Film), potrei mettere la parola "punto" al mio stato d'animo riguardo la pellicola. L'amore che regna, sovrasta, domina, forza motrice della vita, capace di dar vita alla pioggia, capace di dar vita alla vita stessa e al contempo toglierla.

L'attendevo, come anticipato in precedente Post, e finalmente questo fine settimana esce anche da noi "Reign over Me" di Mike Binder. No, non mi ero sbagliato: film sincero, magari non perfetto, ma che riesce a far sorridere e anche (soprattutto) a commuovere, mostrando un dolore vero, straziante, il dolore di chi ha perso tutto. Sullo sfondo del 9/11 (presente nell'ombra, seppur praticamente mai citato), è infatti il dolore di Charlie Fineman (un ineccepibile e taciturno Adam Sandler, dopo molte commedie davanti alla sfida di un ruolo certo non facile) che riempe i 124 minuti di proiezione: L'amore, la sua vita, egli stesso sono scomparsi in un istante e da allora niente ha avuto più importanza. Le "Ombre dei Colossi" ("Shadow of the Colossus" videoGame capolavoro per il sistema da gioco Sony Playstation 2...e, notate bene, la scelta del Vg. non è stata certamente casuale) accompagnano la sua giornata tra una sterminata collezione di album in vinile e Jam Session alla batteria. In continua fuga dallo straziante ricordo e nell'impossibilità di vivere senza, riassunto di tutti coloro che sono sopravvissuti e in parte di una Città, New York, che non sarebbe più stata la stessa.
Ma poi, un giorno, l'inaspettato incontro con un vecchio amico di College, Alan Johnson (Don Cheadle, perfetto nel dare corpo e sostanza ad un personaggio ricco di sfumature) sarà l'inizio di qualcosa di nuovo, l'inizio di un cambiamento che abbraccierà entrambi le loro vite, opposte eppur vicine.

Non anticipo altro e lascio a voi la visione (consigliata, se non fosse emerso chiaramente fino adesso) di questa pellicola, come detto non perfetta, ma assolutamente godibile, grazie anche ad un cast in gran forma e una colonna sonora anch'essa all'altezza della situazione (la Cover dei Pearl Jam dello storico pezzo degli Who, parte sui titoli di coda riprendendo e chiudendo l'incipit). Ah, se siete assidui della "lacrima facile", non dimenticate a casa il fazzoletto...

La Frase: "Live every day like it's the best day of your life".
Trailer: Internazionale.