Riprendiamo il nostro viaggio nella musica moderna e comiciamo ad addentrarci nel cosiddetto "Secolo breve", il 1900. Abbiamo visto come l'influenza e la diffusione dei canti e delle musiche degli schiavi neri nelle piantagioni degli U.S.A. durante la seconda metà del 1800 abbiano cambiato radicalmente la musica, trasformandola in qualcosa di mai sentito prima e avvicinandola al sentimento popolare. In seguito l'abolizione della schiavitù negli U.S.A., avvenuta nel 1886, permise ai neri di diffondere la loro musica fino alla vecchia Europa.
Nei primi anni del 1900 gli schiavi ormai liberati iniziarono ad entrare in contatto con molte altre culture, soprattutto nelle città americane dove c'era una forte immigrazione dall'Europa. Una di queste, la leggendaria New Orleans, città a sud della Louisiana e grande porto fluviale sul delta del Mississippi, mito e sogno di chiunque in vita sua abbia messo le mani su una chitarra, era meta di molti immigrati europei, soprattutto inglesi, francesi e spagnoli. Qui, dall'incontro di tutte queste culture diverse con la cultura africana degli schiavi neri, nacque il genere musicale che io ritengo essere il più importante fra quelli moderni: il jazz. Le radici del jazz affondano nella cultura africana, nella vita di tutti i giorni degli schiavi neri deportati negli Stati Uniti. Queste persone avevano con sé una tradizione musicale che esprimevano mentre lavoravano (i cosiddetti "field hollers" e "work song"), mentre pregavano (gli "spiritual", che negli anni 30 del 1900 avrebbero dato origine al "gospel") e durante il loro tempo libero. Fin dagli inizi l'interpretazione jazzistica ha posto un grande accento sull'espressività, e, nel corso degli anni, anche sul virtuosismo strumentale. La musica jazz degli albori era basata su combinazioni di elementi musicali africani, articolata cioè su scale pentatoniche, con caratteristiche blue notes, mescolate ad armonie derivate dalla musica colta europea, ed un notevole uso di ritmi sincopati, e di poliritmi; musica colta e jazz si sono costantemente avvicinate al punto che non è raro assistere a performance classiche di musicisti jazz e performance jazz di musicisti classici.
Le poche testimonianze documentali di cui disponiamo ci dicono che le prime musiche riconducibili al jazz si potevano ascoltare dalle cosiddette "second line" delle bande che suonavano ai funerali. Durante il viaggio verso il cimitero, la banda "ufficiale" suonava una marcia funebre; dopo la sepoltura, il repertorio diventava considerevolmente più allegro, e la second line, in cui poteva partecipare praticamente chiunque avesse uno strumento e si sentisse di suonarlo in pubblico, si scatenava in una musica estemporanea che avrebbe dato origine alla musica poi chiamata jazz. A fenomeni simili si assisteva durante una tipica kermesse di New Orleans, la parata del "Mardi Gras" che inaugurava e inaugura ancora oggi l'apertura del carnevale. Fu dunque nel clima magmatico di New Orleans che nacquero le prime formazioni che suonavano la musica che sarebbe stata chiamata "jass" e poco dopo "jazz". Il primo musicista ad esere indicato come musicista jazz e a cui è spesso attribuito il titolo di "padre del jazz" Buddy Bolden che, internato in manicomio nel 1907, morì nel 1931 senza lasciare registrazioni e poco prima che si iniziasse a riconoscere il suo ruolo pionieristico. Si sa però che un suo gruppo godeva di una certa fama a New Orleans nel 1904; nel 1906 il pianista Jelly Roll Morton, che in seguito avrebbe reclamato per sé la paternità del nuovo genere musicale, dichiarando di averlo inventato nel 1902, compose il brano "King Porter Stomp", che fu uno dei primi brani jazz a godere di vasta notorietà. Negli anni seguenti, a New Orleans furono create molte formazioni che si dedicarono alla nuova musica: una delle preminenti fu quella capeggiata dal cornettista Joe "King" Oliver, che era chiamato il re ("King") della cornetta almeno dal 1915 (come testimoniano manifesti d'epoca). La parola jazz venne stampata da un quotidiano, per la prima volta, nel 1913.
Tra l'altro, in quegli anni furoreggiava un altro tipo di musica che aveva come protagonisti i musicisti di colore, una musica da ballo che veniva chiamata ragtime, centrata su temi e ritmi quasi bandistici e sostenuta dal virtuosismo del pianoforte, che figurava quasi sempre come strumento solista. Questa passione, che venne chiamata mania, per il ragtime, creò un terreno fertile per la creazione di una classe di musicisti di colore professionisti e acutizzò l'attenzione del pubblico verso la musica che essi producevano: in questo periodo, ragtime e jazz furono spesso contigui e il jazz ricalcava spesso la strumentazione e la struttura ritmica del ragtime (con un prevalere di ritmi bandistici in due quarti).
La prima formazione ad essere conosciuta come complesso jazz, la Original Dixieland Jazz Band (O.D.J.B.), era paradossalmente composta da soli bianchi ed era diretta dal trombettista, di origini italiane, Nick La Rocca. La O.D.J.B. suonò per la prima volta il 3 Marzo 1916 a Chicago. Il 26 Febbraio 1917 la O.D.J.B. registrò per prima, a New York, negli studi della Victor Talking Machine Company il brano "Livery Stable Blues", il primo brano jazz mai registrato, che per molto tempo valse alla O.D.J.B. il titolo di "inventori del jazz". Nel 1919 il gruppo era già in tourneè a Londra, spargendo fuori dagli Stati Uniti la nuova musica.
La migrazione degli afroamericani dal Sud al Nord degli Stati Uniti, che ebbe luogo tra il 1910 e il 1920, portò con sé anche molti musicisti di New Orleans, attratti dai maggiori guadagni che venivano offerti ai musicisti al Nord e, secondo molte testimonianze, anche dalla decadenza dell'intrattenimento a New Orleans, che viene fatta coincidere simbolicamente, con la chiusura di Storyville, il quartiere a luci rosse di New Orleans, che avvenne nel 1917 ad opera del Ministero della Guerra: la tradizione vuole che il jazz fosse nato e avesse prosperato nei bordelli del quartiere. Molto probabilmente l'importanza di Storyville per il jazz è stata esagerata, ma è certo che molti protagonisti vi suonarono, e che, forse anche a causa di questo, fin dagli inizi il jazz ebbe una pessima reputazione.
Il jazz veniva spesso portato al Nord sui battelli che risalivano il fiume Mississippi, che assumevano orchestre come intrattenimento di bordo. La meta di molti dei musicisti fu Chicago, città che attrasse anche King Oliver, e attorno alla quale si creò una scuola da cui emersero molti protagonisti soprattutto bianchi, tra cui Bix Beiderbecke, Frank Trumbauer, Pee Wee Russell. Dal punto di vista musicale il suono contrappuntistico e d'insieme delle formazioni di New Orleans cede il passo ad uno stile in cui domina la performance del solista, mentre iniziano ad emergere figurazioni ritmiche più sofisticate di quelle di derivazioni bandistica. La figura simbolo del periodo è l'immortale Louis Armstrong, che fu chiamato a Chicago dal "Re" di New Orleans Joe "King" Oliver. Dopo alcuni mesi con il gruppo di Oliver, Armstrong, con le storiche registrazioni dei suoi gruppi, gli Hot Five e gli Hot Seven, nel 1925 si affermò come il trombettista simbolo del movimento.
Finisce qui la prima delle due parti di questo articolo dedicato alla storia del jazz; la prossima volta parleremo dell'arrivo del jazz a New York e dell'epoca contemporanea.
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