martedì 9 dicembre 2008

...And all that jazz! (Parte 2)

Negli anni '30 New York acquisisce un ruolo centrale che non abbandonerà più, attirando molti musicisti tanto dal Sud quanto dal Midwest, questo grazie all'ambiente favorevole creato dalla compresenza della fiorente industria discografica e dello spettacolo, un'attivissima vita notturna che, ancorché spesso dominata dalla malavita, alimentava numerosissime sale da ballo e locali notturni, e, nel quartiere di Harlem, una folta comunità di colore che stava sperimentando un periodo di relativa prosperità. Verso la metà degli anni '30, anche a seguito dei primi disordini razziali (si ricorda la rivolta ad Harlem nel 1935), New York vide la decadenza dei locali per bianchi nei quartieri neri, tra cui il famoso Cotton Club, mentre le zone attorno a Broadway, alla Cinquantaduesima Strada e al quartiere universitario del Greenwich Village si popolarono di locali che avevano piccole formazioni jazz come attrazione principale. Le stelle di questi locali erano Billie Holiday, Art Tatum, Fats Waller, Coleman Hawkins, Lester Young. Lo stile che nacque in questi locali era rilassato e notturno, esemplificato dall'interpretazione di "Body and Soul" data in quegli anni da Hawkins, che fu anche uno degli strumentisti che resero il sax tenore la voce dominante del jazz.

Dal punto di vista musicale, mentre si afferma sempre di più la figura del solista, il repertorio si orienta in maniera predominante sulla forma della canzone in 32 battute, che può essere un tema originale o, più spesso, essere derivato da canzoni in voga, da musical o da film (non si deve dimenticare che in questi anni sono attivi nell'industria dello spettacolo alcuni formidabili autori, tra cui
George Gershwine il fratello Ira, Irving Berling, Cole Porter, e più tardi Jerome Kern): inizia così la compilazione di un repertorio di brani noti a tutti i musicisti jazz, detti standard che diventerà una delle caratterstiche del jazz per piccola formazione. Di conseguenza la ritmica abbandona i due quarti tipici del periodo di New Orleans ed è sempre più spesso in quattro quarti. Anche lo stile dell'improvvisazione si trasforma: alle variazioni melodiche e tematiche tipiche dello stile di Chicago, si sostituisce gradualmente uno stile verticale, che fa un uso intensivo degli arpeggi sugli accordi che sostengono l'armonia del brano.

Il jazz rappresenta il primo vero genere musicale moderno di ampia diffusione, la cui conoscenza è cresciuta enormemente durante tutto il 1900 rinnovandosi ogni vota nel genere fino ad arrivare nel Nuovo Millennio. Il jazz contemporaneo, così come si è modificato nel corso del Secolo scorso, è caratterizzato dall'uso estensivo dell'improvvisazione, di blue notes, di poliritmie e di progressioni armoniche insolite se confrontate con quelle in uso nella musica classica. In particolare la pulsazione ritmica jazzistica, elastica e a volte scandita in maniera ineguale, chiamata swing, ha sempre rivestito grande importanza in quasi tutte le forme stilistiche di questa musica. Caratteristica peculiare del jazz è senza dubbio l'improvvisazione la quale, partendo dalla semplice variazione sul tema iniziale, ha assunto via via sempre maggiore importanza, fino ad ottenere (nella forma che fu chiamata Free Jazz e che ebbe il suo periodo d'oro negli anni '60 e '70) la completa preminenza sul tema, che poteva anche scomparire negli esperimenti che venivano a volte chiamati "improvvisazione totale collettiva".

La formazione jazzistica moderna tipica è costituita da un gruppo musicale di dimensioni limitate. La combinazione più frequente è il quartetto, quasi invariabilmente costituito da una sezione ritmica composta da batteira, basso o contrabbasso, pianoforte e da uno strumento solista, generalmente un sassofono o una tromba. Nell'ambito della piccola formazione sono possibili e frequenti una gran varietà di cambiamenti. Per quello che riguarda la consistenza numerica, si trovano esempi di performance solistiche (spesso, ma non sempre, si tratta di pianoforte solo), fino ad arrivare al nonetto, formazione che comincia già ad assumere caratteristiche orchestrali. Si hanno anche svariatissime combinazioni per quello che riguarda la qualità degli strumenti coinvolti: si hanno esempi di jazz suonato solisticamente con la maggior parte degli strumenti orchestrali (perfino oboe e arpa) o folcloristici (ad esempio, la kora). Il jazz possiede anche una lunga tradizione orchestrale, che ha avuto come protagonisti musicisti d'eccezione. Le formazioni jazzistiche orchestrali, che entrarono in crisi profonda alla fine degli anni '30, sono oggi abbastanza rare, soprattutto a causa delle difficoltà economiche e organizzative collegate alla gestione di un complesso che comprende molte decine di musicisti.

Per lungo tempo territorio privilegiato dei musicisti afroamericani che lo inventarono, e avente come centro propulsore gli Stati Uniti d'America, il jazz è oggi suonato, composto e ascoltato ovunque in tutto il mondo come una nuova musica colta: se questo è vero soprattutto nel mondo occidentale, è anche vero che le esplorazioni delle radici musicali africane che molti jazzisti intrapresero a partire dagli anni '60 e i contatti tra culture e stili musicali caratteristici dell'ultima parte del XX° Secolo, hanno contribuito a creare molti tipi di jazz, che vanno dalla tradizionale performance per piccolo ensemble, derivato dalle esperienze boppistica e post-boppistiche, alla creazione di sonorità insolite che nascono dalla ibridazione di diverse tradizioni strumentali e musicali, fino ad arrivare a dissolversi nel genere chiamato world music (e in questo caso non si parla più di jazz).

Abbiamo così fatto un altro passo nella storia della musica moderna; la prossima volta che ci incontreremo sarà per parlare della più grande rivoluzione musicale di tutta la storia, la rivoluzione del rock n'roll!

Riferimenti per questo articolo (Parte 1 e Parte 2):
- Ted Gioia, The History of Jazz. Oxford University Press, 1998;
- Arrigo Polillo, Jazz. La vicenda dei protagonisti della musica afro-americana. Mondadori, 1997;

- www.wikipedia.org.

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