
Partendo da storie e presupposti totalmente diversi, Eastwood racconta l'America dei cambiamenti e della speranza. Lo fa nello stile e nel girato tipico della sua ultima produzione: asciutta, decisa, non una virgola di più, non una di meno.
Laddove Changeling [la storia di una madre (una struggente A.Jolie) alla ricerca del proprio figlio] si dilata e si colloca in scia di un cinema classico e ormai quasi dimenticato, Gran Torino si propone come l'altra faccia della medaglia di Non è un Paese per Vecchi, di cui condivide quel sentore di un mondo che sta cambiando, irreversibilmente, davanti ai nostri occhi.
Un affresco sui nostri tempi, visti attraverso gli occhi di un vecchio reduce dal Viet [fottuto] nam. Nel suo essere malinconico e crepuscolare, come la Gran Torino del titolo [modello di auto marchiato Ford in voga negli anni 70'], risulta però diverso del capolavoro dei fratelli Coen: offre una via di uscita e sembra dire che, forse, non tutto è ancora perduto, in quel finale da lacrime [le mie, e sicuramente anche le vostre].
Alla soglia degli 80 anni, il buon Clint, uno degli autori più stimolanti del cinema contemporaneo, ci regala l'ennesima grande opera nella pellicola che segnerà anche il suo congedo come attore. Un grazie, di cuore, da MoviesOnTheRadio.
So tenderly your story is
nothing more than what you see
or what you've done or will become
standing strong do you belong
in your skin; just wondering
gentle now the tender breeze blows
whispers through my Gran Torino
whistling another tired song
engine humms and bitter dreams grow
heart locked in a Gran Torino